Corte d’appello di Roma, Sez. Lav., del 7/6/2019, n. 2482 del 2019.
Rivista Giuridica “Lavoro e Previdenza Oggi”.
La Corte affronta la problematica relativa alla eccezione di asserita nullità della sentenza impugnata, per essere stata emessa da un G.O.T., in materia devoluta alla competenza di magistrato togato, in funzione di Giudice del lavoro.
Osserva la Corte che quest’ultimo non è un giudice specializzato in senso tecnico, bensì un giudice ordinario che applica la procedura prevista in relazione alla natura giuslavoristica della controversia.
Ne consegue che, in materia di lavoro, di previdenza ed assistenza obbligatorie, la sentenza emessa dal G.O.T. non è affetta da alcun vizio inerente la costituzione del giudice, né alcuna norma di legge prevede una siffatta nullità, poiché il Giudice onorario attivo all’interno del Tribunale non costituisce diverso organo di Giustizia e la sua assegnazione alla Sezione Lavoro configura questione di ripartizione tabellare e non competenza.
La Corte si è, altresì, soffermata, sul filtro previsto nel processo di appello e sulla formulazione dei motivi d’impugnazione ex artt. 342 e 434 c.p.c. nel testo novellato.
E’onere della parte appellante porre il Giudice in condizione di comprendere esattamente e con chiarezza quale sia il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le motivazioni del primo giudice e indicando le ragioni secondo le quali queste sarebbero censurabili, senza necessità di applicazione di alcuna formula sacramentale e senza alcun onere di redigere un progetto alternativo di sentenza.
L’atto di appello deve contenere una parte volitiva, nella quale si indicano le questioni ed i punti contestati dalla sentenza impugnata e una parte argomentativa, diretta a confutare le ragioni addotte dal primo Giudice, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, che mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, quali prescritte, invece, per il ricorso per Cassazione.