Tribunale di Taranto, Decreto ex art. 38 D. Lgs. vo n. 198/2006 del 28/5/2019.
Il Tribunale di Taranto si è pronunciato sui requisiti di ammissibilità dell’azione ex art. 38 ex D. Lgs vo n. 198/2006, come modificato dall’art. 8-quater della Legge n. 101/2008 e dal D. Lgs. vo n. 5/2010.
Tale procedimento prevede che il Giudice del Lavoro del luogo ove è avvenuto l’illecito denunziato, nei due giorni successivi al deposito del ricorso, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritiene sussistente la violazione, ordina con decreto motivato ed immediatamente esecutivo la cessazione del comportamento lesivo e la rimozione degli effetti, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno non patrimoniale, nei limiti della prova fornita.
L’art. 40 stabilisce il principio secondo il quale l’onere di provare in giudizio l’assenza di discriminazione spetta al datore di lavoro, in relazione a circostanze di fatto allegate dal lavoratore o anche desunte da dati di carattere statistico.
Nel caso di specie il Tribunale ha dichiarato inammisibile la domanda della ricorrente diretta a richiedere la cessazione del comportamento asseritamente illegittimo e la rimozione dei relativi effetti, rilevando che la lavoratrice, dopo il deposito del ricorso, era stata licenziata e, pertanto, l’ordine risultava inattuabile.
Per quanto attiene all’azione ex art. 38 D. Lgs. vo n. 198/2006 ed alla richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale lamentato dalla lavoratrice, quale effetto dalla condotta asseritamente illegittima del datore di lavoro, i Giudici hanno rigettato la domanda precisando che l’onere della prova di cui all’art. 40 attiene solo alla dimostrazione della condotta discriminatoria e non al danno cagionato dalla stessa, per il quale valgono le regole sancite dall’art. 38, per cui esso va riconosciuto, secondo criteri ordinari, “nei limiti della prova fornita”.
La prova presuntiva o statistica della discriminazione di genere di cui all’art. 40 D. Lgs. vo n. 198/2006 è superabile attraverso la prova diretta, il cui onere grava sul datore di lavoro, della rispondenza a causa lecita della condotta denunciata come illegittima.
Il Collegio ha rigettato, quindi, il ricorso avendo la resistente provato, con informatori e documentalmente, che il reparto al quale era adibita la lavoratrice era stato soppresso subito dopo il licenziamento e che alla stessa era stato proposto, in adempimento dell’obbligo di repechage, come a tutti gli altri dipendenti attivi in tale reparto, di svolgere attività in trasferta, o di trasferirsi presso altra sede, continuando, così, l’attività lavorativa.